Il Culto

Il culto di San Calogero in Sicilia

 

Il culto liturgico di San Calogero, fiorentissimo quando gli arabi invasero la Sicilia, sopravvisse alla loro dominazione, continuando ad essere officiato con la liturgia bizantina.
Infatti, il monachesimo greco (bizantino) ebbe larga diffusione in Sicilia. C’è da ricordare a tal proposito che fino all’XI secolo la Sicilia e l’Italia Meridionale, pur rivendicate dalla Sede di Roma, non vi appartenevano; erano sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli. Anche la popolazione ed il clero erano profondamente legati all’impero romano-orientale e sentivano Costantinopoli come la loro capitale. Non si trattava comunque di sottomissione culturale: queste popolazioni erano in tutto affini a quelle romane.
Inoltre, nel monachesimo orientale non vi sono “Ordini”, mentre in Occidente un monaco appartiene ai Certosini, ai Cistercensi o a qualche altro Ordine, in Oriente è semplicemente un membro dell’unica grande famiglia che riunisce tutti i monaci e le monache, suddivisa naturalmente in gruppi di distinte origini e regole. Spesso gli scrittori occidentali indicano i monaci orientali con l’appellativo di “monaci basiliani” o “monaci dell’ordine basiliano”, inserendo in questi anche San Calogero, ma questo è errato.
Il culto liturgico di San Calogero rifiorì sotto i Normanni, per avere una maggiore affermazione nei secoli XV e XVI, in cui vennero ricostruite e dotate di statue le chiese di Naro, Agrigento, Sciacca e San Salvatore di Fitalia.
Papa Clemente VIII (1592-1605) concesse che la festa venisse celebrata il 18 giugno in tutto il Regno di Sicilia, con l’inserimento del nome e della festa del Santo nel Martirologio Romano. L’ufficio di San Calogero, di rito doppio, fu compilato nel 1598 e stampato a Palermo nel 1610.
Come afferma Mons. De Gregorio, la massima fioritura del culto di San Calogero si ebbe verso la fine del secolo XVI e i primi decenni del XVII, sia per il rinnovamento apportato dal Concilio di Trento, come per lo straordinario cumulo di disgrazie, terremoti, pestilenze e carestie che afflissero il nostro popolo in questo tristissimo periodo, durante il quale si esperimentò in forma sensibile la protezione del Santo.
Attraverso i secoli si sono sempre più diffuse la viva devozione ed il sincero attaccamento al Santo e al suo culto. Ciò è avvenuto in Sicilia soprattutto e specialmente nelle diocesi di Agrigento, Lipari, Patti e Caltanissetta.
San Calogero, all’inizio del terzo millennio, è molto amato nell’Isola e venerato in più di 50 comuni, in cui gli sono dedicati o una chiesa o un altare.
Popolare per le sue guarigioni miracolose, questo Santo viene festeggiato nella maggior parte dei comuni di cui è patrono il 18 giugno.

San Calogero è particolarmente è venerato a:

 

AGIRA (EN) presso l’Abbazia di San Filippo, nella cui navata sinistra si possono osservare tre pannelli di un polittico del XV secolo raffiguranti La Madonna col Bambino, S. Benedetto e S. Calogero.

AGRIGENTO presso il Santuario di San Calogero.

ARAGONA (AG) presso la chiesa del Rosario.

CACCAMO (PA)

CALTANISSETTA presso la chiesa di San Francesco di Paola.

CALTAVUTURO (PA) presso la chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Per San Calogero l’usanza prevede la preparazione di pane, per grazia ricevuta o da ricevere. Il 17 giugno, nella piazza accanto alla Chiesa dell’Immacolata, viene celebrata una S. Messa e benedetto il pane, portato in ceste da tutti i devoti. Al termine, ciascuno riprende la propria cesta con il pane, parte del quale viene distribuito ai presenti. Il 18 giugno di pomeriggio ha inizio la processione del Santo.

CAMMARATA (AG): il Santo è festeggiato la prima domenica di agosto.

CAMPOFRANCO (CL) di cui San Calogero è protettore. Si venera presso la chiesa di San Francesco, dove c’è un bel simulacro ligneo, attribuito ai Bagnasco. Grandiosa è la festa l’ultima domenica di luglio.

CANICATTÌ (AG) presso la chiesa di San Calogero, dove viene onorato con festa solenne la prima domenica di agosto.

CASTELTERMINI (AG): San Calogero si festeggia la quarta domenica di agosto. Coinvolge tanta gente per la grande devozione verso il Santo, devozione che viene manifestata in modi diversi e secondo antiche tradizioni, ad esempio il pellegrinaggio a piedi scalzi. Pietanza tipica è la pasta con le melanzane, che viene preparata e quindi offerta.

CATANIA

CATTOLICA ERACLEA (AG) presso l’Eremo di San Calogero.

CESARÓ (ME) presso la chiesa di San Calogero.

COMITINI (AG) presso la chiesa di San Calogero.

CORLEONE (PA)

DELIA (CL) presso la chiesa del Carmine.

ENNA presso la chiesa di San Calogero, oggi in rovina.

FAVARA (AG) presso la chiesa di San Calogero. La festa solenne avviene la prima domenica di agosto.

FRAZZANÓ (ME) presso la chiesa madre.

GROTTE (AG)

LENTINI (SR) presso la chiesa rupestre del Crocifisso, dove si conserva quel che rimane di un affresco, cioè la didascalia ALOKERUS (Calogero) a destra del volto del Santo.

LIPARI (ME) presso la chiesa di Sant’ Antonio.

LICATA (AG)

MARSALA (TP) presso la chiesa di San Francesco d’Assisi.

MAZZARINO (CL) presso la chiesa del Carmine. Qui è presente una bella statua del Santo.

MILENA (CL)

MILITELLO ROSMARINO (ME)

MODICA (RG) presso la ex chiesa di Sant’Anna.

MONTEDORO (CL) San Calogero si festeggia il 18 di giugno.

MUSSOMELI (CL) presso la chiesa di San Giovanni Battista dove è esposta una pregevole statua raffigurante San Calogero.

NARO (AG) presso il Santuario di San Calogero.

NICOSIA (EN) presso la chiesa di San Calogero, costruita alla fine del 1600 dalla Confraternita di San Calogero. Vi si trova una scultura del santo eseguita da Stefano Li Volsi.

NOTO (SR) presso la chiesa di San Calogero.

PALAZZO ADRIANO (PA) fuori dall’abitato trovasi la Cappella di San Calogero, meta ogni anno il 18 giugno di pellegrinaggio di numerosi fedeli.

PALERMO presso la chiesa di San Francesco d’Assisi.

PETRALIA SOTTANA (PA) San Calogero è patrono. Si venera presso la chiesa madre, Maria Santissima Assunta. La festa ha luogo il 17 e 18 giugno.

PIAZZA ARMERINA (EN) presso la parrocchia di Santa Veneranda, nel tempio del Gran priorato di Sant’Andrea.

PIETRAPERZIA (CL) presso la chiesa di San Nicolò, la festa si celebra ogni anno l’ultima domenica di luglio.

PORTO EMPEDOCLE (AG): San Calogero è patrono e si festeggia la prima domenica di settembre, con la tradizionale processione del Santo. L’originalità sta nel fatto che i devoti portano la vara per le vie del paese correndo e si fermano soltanto sotto le case dove la gente sta affacciata ai balconi con ceste piene di pane. A quel punto inizia il lancio del pane sulla gente sottostante, che si affolla attorno al Santo, cercando di raccogliere al volo più pane benedetto possibile.

PRIZZI (PA) esiste una chiesa dedicata al Santo.

REGALBUTO (EN)

RIBERA (AG)

RIESI (CL) presso la chiesa di San Giuseppe: vi è un altare dedicato a San Calogero.

SALAPARUTA (TP) presso la chiesa madre del XVIII, che racchiude una statua di San Calogero.

SALEMI (TP) presso la chiesa di San Francesco.

SAMBUCA DI SICILIA (AG) presso la chiesa di San Calogero.

SAN CONO (CT) presso la chiesa del Crocifisso è dedicato un altare laterale, adornato dalla statua lignea del Santo.

SAN GIOVANNI GEMINI (AG) presso la chiesa di San Calogero, costruita a quota 890 m s.l.m..

SAN GIUSEPPE JATO (PA)

SAN MARTINO DELLE SCALE (PA)

SAN SALVATORE DI FITALIA (ME) presso il Santuario di San Calogero.

SANTO STEFANO DI QUISQUINA (AG): a quota 967 m s.l.m. sul pizzo dell’omonimo monte, sorge la cinquecentesca chiesa di San Calogero. All’interno si trovano un busto di bronzo del Santo e l’altare con bassorilievo, che raffigura San Calogero che guarda la montagna, entrambi di L. Reina e dipinti dello stefanese F. Sarullo. Due giorni di festa, con caratteristica fiaccolata notturna il 18 giugno.

SCIACCA (AG) presso la Basilica Santuario di San Calogero e presso la chiesa Madre di Santa Maria del Soccorso.

SOMMATINO (CL)

SUTERA (CL) presso la chiesa madre.

TERMINI IMERESE (PA) presso la chiesa di San Calogero.

TORTORICI (ME)

TORRETTA (PA) di cui è patrono, festeggiato l’ultima domenica di luglio. Presso il Santuario della Madonna delle Grazie è custodita la splendida statua di San Calogero, opera del Bagnasco.

VALLEDOLMO (PA)

VILLAROSA (CL) presso la chiesa parrocchiale della Concezione.

 

San Calogero, è una figura reale, nitida, autentica grandiosa e luminosa che continua a suscitare quei valori religiosi, morali e soprannaturali capaci di incidere profondamente nelle convinzioni e nelle aspirazioni del nostro popolo, tenuto conto che in questi 15 secoli trascorsi dalla sua esistenza terrena, molti eventi infausti si sono susseguiti in questo territorio.
Questo “fenomeno religioso” esiste e non accenna a diminuire. Se ne accorge chi abbia partecipato, anche una sola volta, ai festeggiamenti in onore di San Calogero. Il tutto è radicato nel tempo e con il tempo si sono rinforzati e tramandati quei valori ricchi di leggenda, tradizione e fede che ci hanno fatto vedere e ancor oggi ci portano a considerare San Calogero come il rappresentante della nostra gente e ancora meglio della nostra cultura e della nostra civiltà.
San Calogero viene invocato per le guarigioni del corpo e per gli altri acciacchi della vita. Inoltre viene celebrato ed onorato come Santo protettore del raccolto estivo, secondo la secolare commistione sempre presente in Sicilia, e particolarmente in provincia di Agrigento, tra cultura religiosa e riti legati alla tradizione contadina.
San Calogero, monaco dotto e rinomato guaritore, è un Santo particolare, soprattutto per il fanatismo che tradizionalmente riesce a suscitare tra i suoi fedeli. Celebrato, festeggiato e amato fino al punto di litigare su quale Calogero abbia più poteri taumaturgici. Anche questo, per i Siciliani è un modo di esprimere l’attaccamento e il culto per il proprio patrono.
San Calogero fu medico dello spirito e del corpo. Dello spirito: infatti la sua spiritualità è simboleggiata dal Vangelo, il libro che Egli tiene in mano aperto o chiuso; del corpo: e qui la protezione è simboleggiata dal cofanetto delle medicine che tiene attaccato al braccio destro, simbolismo che ritroviamo presente nei suoi vari simulacri o icone che lo raffigurano.
La cassettina attaccata al suo braccio indica la sua scienza, teologica e medica, perché dovrebbe contenere o gli strumenti o i farmaci della sua arte e quindi simboleggia il suo potere benefico sulle anime e sui corpi e di taumaturgo, sempre pronto a sollevare i bisognosi.
Sino a qualche anno fa, i bambini ammalati, specialmente se sofferenti di ernia, venivano issati a braccia sino a far toccare loro la statua del Santo.
I suoi devoti si sentono legati al Santo con un rapporto intimo particolarissimo. Infatti, lo considerano come cosa propria, quasi esclusiva, tanto da sentirla viva più di un vincolo ed un legame di parentela, di sangue.
Santo particolare, perché creduto tra l’altro tremendamente vendicativo, che non lascia cioè passare inosservate le mancanze di rispetto. Un Santo che tiene molto alla purezza del cuore, alla fedeltà dei suoi devoti e non bada all’entità materiale della promessa fatta.
I Siciliani vivono così profondamente l’attaccamento e il culto per il proprio patrono, che non esitano a sfidarsi a colpi di detti popolari!.
Grande è il campanilismo tra varie città siciliane che rivendicano il suo culto. Ecco i detti popolari in positivo che gli vengono attribuiti:

« San Calò di Naru, miraculi nni fa a migliaru »;
« San Calò d’Agrigentu, miraculi ni fa a centu a centu »;
« San Caloriu di Sciacca, fa li grazii ccu li sacca »;
« San Caloriu di la Favara, fa miraculi a cantara »;
« San Calò di Canicattì, i miraculi li fa a tri a tri »;
« San Calò di Campufrancu, fa li grazii tantu quantu »;
« San Calò di la marina (Porto Empedocle), fa miraculi a lavina »;
« San Calò di Pitralia, è lu meglio chi firria »;
« San Calò di Raffadali, di miraculi inghi un fadali »;
« San Caloriu di Cammarata, fa miraculi a manata »;
« San Caloriu di Ragona, ni fa sempri una bona ».

Una cosa è certa che in tutte le località siciliane, la festa di San Calogero resta una manifestazione di fede popolare d’intensa commozione ed unica nel suo genere.
La celebrazione dei festeggiamenti in onore del Santo, ovunque, sono molto simili. Durante tutto l’ottavario le porte delle chiese vengono aperte di buon mattino per consentire ai numerosi pellegrini (tantissimi i fedeli che arrivano a piedi scalzi per saldare il loro debito con il Santo), di potere pregare ed invocare l’amato San Calogero e potere partecipare alla Santa Messa, confessarsi, benedire gli ex voto, il pane, gli abiti votivi, i bambini e gli ammalati.
Suggestivi sono i momenti che precedono le uscite del simulacro del Santo, quando viene innalzato o calato dall’altare e posto sul fercolo per essere condotto in precessione e nel momento in cui, uscendo dalla Chiesa, trova una moltitudine di fedeli in attesa di poterlo pregare e venerare con tanta fede. Uguale emozione si vive quando, dopo la processione, viene riportato al suo originario collocamento con un protocollo antico accompagnato da grida giubilanti di: «Viva Diu e San Calò».
Contestualmente alle funzioni religiose, Sante Messe, confessioni, ect., avvengono i festeggiamenti esterni, i fuochi pirotecnici, i trattenimenti musicali, i giochi popolari e le gare sportive.
I sacerdoti benedicono il pane nelle forme più varie del corpo umano o delle sue parti, guarite per intercessione del Santo. Dopo la benedizione, il pane viene distribuito ai parenti, amici ed ai poveri e si mangia dopo aver recitato una preghiera o un Padre Nostro.
La popolazione è molto devota a San Calogero tanto che, anticamente, in alcuni paesi, i festeggiamenti duravano addirittura un mese e comprendevano il “viaggio”, un pellegrinaggio che i devoti facevano da casa alla chiesa o completamente scalzi o indossando solo delle calze (viaggio “ni pidduni” , una penitenza che resiste ancora oggi tra i devoti più fedeli), portando le offerte di frumento e di oggetti di cera, raffiguranti parti del corpo umano e osservando il “dijuno addumannatu” durante il quale si mangiava solo ciò che veniva ottenuto in elemosina.
Oggi le celebrazioni sono state ridotte ovunque ad una settimana e si concentrano principalmente nella processione della statua del Santo che viene fatta fermare di tanto in tanto, per permettere ai fedeli di toccarla, baciarla e far avvicinare i bambini in un rito di offerta simbolica al patrono.
Di seguito alcuni cenni sui luoghi dove visse San Calogero e da dove si diffuse il suo culto.

NARO

 

La Fulgentissima, dove esiste il Santuario di san Calogero, sulla grotta abitata dal Santo, i Naresi, in epoca sconosciuta, elevarono una chiesetta. Dai documenti esistenti si viene a sapere che, nel 1542, la chiesa già esisteva e che nell’anno 1543 la chiesa fu concessa dal vescovo di Girgenti, cardinale Pietro D’Aragona e Tagliavia, alla Congregazione dei reverendi Canonici Regolari di San Giorgio in Alga, che operarono fino al 1672. Sia nel 1575 che nel 1666 la chiesa fu ristrutturata. Nel vuoto creatosi dalla soppressione dei Canonici di San Giorgio in Alga, i Giurati affidarono la chiesa di San Calogero con annesso convento ad un economo e vi elessero temporaneamente un Vicario foraneo, finché tutto passò ai Padri Minori Cappuccini. Dopo l’unità d’Italia, nel 1910, quando la chiesa fu restituita al culto, venne affidata alla rettoria di mons. Polizzi. Oggi, il Santuario è retto dai sacerdoti “Servi della Carità”, congregazione fondata dal Beato don Luigi Guanella (1842-1915), che vi giunsero nel 1947, e oltre al Santuario, gestiscono nella moderna, adiacente costruzione, una casa di riposo per anziani “Casa S. Calogero”.
Il culto di San Calogero a Naro ebbe una grande risonanza dovuta, innanzitutto, ad un evento miracoloso risalente al 1626. In quell’anno, infatti, imperversava la peste. Con un’apparizione San Calogero ne annunciò la fine. Contemporaneamente ne risvegliò la devozione una sua figlia illustre: suor Serafina Pulcella Lucchesi, nata nel 1590 e morta nel 1673, di nobile famiglia, che vestì le ispide lane di San Francesco, professando la Regola di Terziaria Cappuccina, e che, pur vivendo in casa propria, condusse una vita di austerità e di carità. Ebbe il dono dei miracoli, della profezia. Fu devotissima al Santo, dal quale ottenne una grazia singolarissima per la sua Naro.
Era tempo di peste, era entrata in Palermo nel giugno del 1624, portata da alcuni arazzi venuti dalla Barberia ed acquistati, nonostante il sospetto, da Antonio Navarra, segretario del principe Emanuele Filiberto di Savoia, viceré di Sicilia.
La strage fu immensa e cessò per intercessione di Santa Rosalia, le cui ossa in quei giorni erano state ritrovate sul monte Pellegrino. Tutta l’Isola ne fu colpita; a Naro giunse nel 1626. I cittadini cadevano ogni giorno a decine, sotto la falce della morte.
San Calogero, mosso a pietà, apparve a suor Serafina, per dirle che Iddio si compiaceva di por fine al flagello. Incoraggiato, il popolo di Naro, per questa apparizione, portò la statua del Santo per le strade della città e la peste scomparve. Risale a quell’anno (1626) la proclamazione di San Calogero a Patrono di Naro.
Il simulacro di San Calogero di Naro, commissionato dai reverendi Canonici di San Giorgio in Alga, fu eseguito a Militello Val di Catania nel 1566. Scolpito in legno, è tutto nero brillante, alternato con l’argento delle varie parti del mantello. Lo scultore fu Francesco Frazzetta, alla cui morte subentrò la figlia, che è l’autrice della testa. San Calogero veste una lunga tunica con mantello e cappuccio che gli scende sulle spalle. Tiene nella mano sinistra un bastone d’argento eseguito a Palermo nel 1631 e ordinato, per grazia ricevuta, da don Giuseppe Rossi, ricco narese, su cui egli fece incidere lo stemma delle sue armi.
Con il braccio destro, alzato come per benedire, sorregge un cofanetto, pure d’argento, contenente secondo la tradizione, medicine, simbolo delle guarigioni che elargiva.
Sul petto sotto la raggiera vi è scolpita la scritta “In nomine Jesus”, parole con le quali soleva svolgere la sua azione taumaturgica. Sul capo è posta una ricca aureola sempre d’argento.
Le mani ed il volto del Santo sono neri, ma i lineamenti sono europei. Il capo un po’ inclinato a destra, è quasi calvo, coronato da rari capelli e guarda, in atteggiamento ispirato, verso l’alto.
Nel 1693, Naro sperimentò ancora il patrocinio di San Calogero. Fu anno funesto per l’intera Sicilia, soprattutto per un orribile terremoto, che iniziato il 9 gennaio, prima in forma leggera, s’accrebbe in modo impressionante nei due giorni successivi.
Gli storici parlano di sessanta paesi distrutti, di città come Catania e Siracusa ridotte in rovina e di sessantamila vittime sotto le macerie. Naro fu preservata dal flagello. La popolazione vi riconobbe la palese protezione del suo grande Patrono. Da allora, ogni anno ricorda con una processione, l’11 gennaio, il singolare beneficio.
San Calogero è festeggiato a Naro dal 17 al 19 giugno. Il 18 giugno la manifestazione ha il suo momento più significativo nella tradizionale processione della statua del Santo taumaturgo sulla Vara dei Miracoli “la Straula”, che si muove, tirata con le corde, da centinaia di fedeli di tutte le età ed estrazioni sociali. Nel Santuario, tutte le attività religiose si susseguono con una partecipazione che è davvero commovente. Mancano spazi per potere accogliere tutti i fedeli. Di pane se ne benedice a quintali, e lo si distribuisce, davanti la chiesa, ai molti devoti che lo chiedono per devozione.

AGRIGENTO

 

Qui i festeggiamenti, in onore di San Calogero durano 8 giorni: dalla prima alla seconda domenica di luglio. Si tratta di una festa, a dir poco singolare, dove misticismo, antiche tradizioni, leggende e profonda fede cristiana si uniscono e sprigionano un’energia difficilmente traducibile in semplici parole. Il “Santo Nero” è certamente il più amato dagli Agrigentini, che ancora oggi, continuano a lanciare delle pagnottelle di pane al cospetto del fercolo in processione, così come vuole la tradizione più che secolare.
Si narra, infatti, che il monaco Calogero, venuto in Sicilia ad evangelizzare e diffondere la fede cristiana, durante un lungo periodo di pestilenza andasse in giro a chiedere del pane da dare ai poveri. La gente, rintanata in casa per paura della peste, al passaggio del monaco avrebbe lanciato il pane dalle finestre per evitare che Calogero si avvicinasse troppo alle proprie abitazioni.
A testimoniare questa profonda fede nei confronti del Santo, legata alle antiche tradizioni, basta vedere le manifestazioni che pone in atto, chi abbia ricevuto una grazia.
Ancora oggi, infatti, si assiste ai viaggi compiuti a piedi nudi dalla propria abitazione fino al Santuario, alle rappresentazioni grafiche delle malattie e delle disgrazie, agli “abitini” fatti indossare ai bambini. Durante il periodo dei festeggiamenti, solitamente vengono organizzate anche manifestazioni di carattere culturale.
Anche la tradizione agrigentina vuole che S. Calogero e i suoi confratelli abbiano fatto tanto bene al popolo sia nello spirito, con la predicazione, che nel corpo, con la conoscenza dell’arte medica.
Ciò però che ha tenuto e tiene vivo il culto del “Santo nero” ad Agrigento è, da un lato il Santuario che viene visitato da numerosi fedeli ogni giorno; dall’altro, la settimana di festa tra le prime domeniche di luglio, durante la quale crea stupore tutta quella moltitudine di gente, che dalla mattina alla sera, circonda, abbraccia e porta il Santo in trionfo.
I festeggiamenti iniziano il venerdì antecedente la prima domenica con le funzioni religiose in Santuario e con l’accoglienza dei fedeli che arrivano in pellegrinaggio e che nel pomeriggio, durante l’Ottavario predicato, gremiranno il tempio. Alla sera viene inaugurata l’illuminazione straordinaria della città e i tamburi, con il loro suono caratteristico, gireranno per le vie annunciando, l’avvicinarsi della festa. Nelle strade molte le bancarelle, che con prodotti di tutti i generi, principalmente dolciari, ricordano a tutti il momento festoso.
Nella prima domenica il Santo, deposto dal suo abituale posizionamento sull’abside e fissato da robusti perni sulla “vara”, viene portato a spalla in processione, in mezzo ad una marea di folla commossa e orante. Lo accompagna immancabile, la banda musicale e uno stuolo di “devoti portatori” così numerosi sia perché dovranno alternarsi spesso alle aste, per la fatica ed il gran caldo, e sia perché i più, hanno una promessa da soddisfare per grazia ricevuta.
Nella seconda domenica, si svolge una manifestazione particolare. E’ improntata a ringraziamento per quanto ricevuto. Viene denominata la “Sagra del grano” e si tratta di una vera e propria processione offertoriale con la partecipazione di coloro che portano gli ex voto, i prodotti della terra, i lavori artigianali e che sono seguiti da un corteo di “carretti siciliani”, cioè da muli e cavalli parati con stoffe multicolori e sonagli.
Il Santo viene portato in processione per un percorso che è diverso da quello della prima domenica, ma lungo il quale una moltitudine di gente attende sotto il sole il passaggio del Santo con grande devozione. La processione serale chiude i festeggiamenti ufficiali e dopo i rituali fuochi pirotecnici il Santo ritorna nel suo Santuario.

SCIACCA

 

Anche a Sciacca, dove San Calogero è compatrono insieme alla Madonna del Soccorso, la devozione verso questo Santo si fa risalire ad un miracolo avvenuto nel 1578, quando una serie di terremoti sconvolse la cittadina. Non sapendo più a che santo votarsi, la Compagnia di San Vito pensò bene di promettere una processione in suo onore, se avesse fatto cessare le scosse sismiche. E così avvenne.
Da allora, puntuale ogni anno, il lunedì dopo la pentecoste Sciacca non manca di ringraziare il patrono con un pellegrinaggio di riconoscenza.
Già in passato, il Santo si era guadagnato abbastanza fama guarendo i malati che ricorrevano alle sue cure con i vapori della grotta di Monte Kronio. Da allora i vapori delle grotte di Sciacca presero il nome di Stufe di S. Calogero.
Ora l’attenzione di chi sale sul monte Kronio in visita alla Basilica-Santuario, è attratta dalla maestosa presenza del simulacro del Santo, posto sull’altare centrale nell’elegante custodia lignea del ‘700.
La statua era stata commissionata ad Antonello Gagini di Palermo dal cappellano don Antonio Bruno nel 1535. Fu firmata e consegnata nel 1538 da Giacomo Gagini, a nome del proprio padre Antonello che era morto nel 1536.
L’opera rimase incompleta: prevedeva infatti, per contratto, l’arciere che aveva ferito la cerva, genuflesso in atteggiamento di implorazione. Il Santo è raffigurato con abito da eremita e da abate. Ha la Bibbia in mano e cerva accanto. Ricche le decorazioni in oro. Il volto di San Calogero è pieno di intensa serenità, con uno sguardo che penetra nel profondo dell’anima, sollevandola alle altezze purissime di Dio.

SAN SALVATORE DI FITALIA

 

Famoso nei Nebrodi per il culto di S. Calogero (19-20-21 di agosto), il paese è meta di pellegrini che vi si recano per rendere omaggio al Santo miracoloso, alla cui venerazione è collegata la tradizione degli ex-voto. Gran parte di tali oggetti, donati al Santo in segno di ringraziamento per le grazie ricevute o richieste, sono conservati presso il Museo delle tradizioni popolari.
Il pellegrinaggio a S. Calogero avviene la notte del 19 agosto, mentre la festa si svolge il 20 agosto, quando il Santo viene portato in processione su una “vara” realizzata in legno nel tardo ‘600 barocco. Sono momenti di grande suggestione e misticismo, il tutto incorniciato da migliaia di fedeli che vengono da ogni parte della Sicilia settentrionale.
Vi sono comunque altre date in cui viene venerato il Santo con altrettante processioni. Il 5 febbraio, in cui S. Calogero esce in forma penitenziale, senza musiche, senza solennità. Lo stesso clero non veste paramenti sacri, mentre accompagna il Santo verso la chiesa madre. In questa data la tradizione orale ricorda un miracolo del Santo avvenuto nel corso di una processione penitenziale, voluta per ottenere la cessazione di violenti nubifragi che da giorni tormentavano il paese.
La processione della domenica successiva al 5 febbraio riporta il Santo nel suo santuario, questa volta accompagnato con musiche e le consuete solennità.
All’interno del Santuario di San Calogero, restaurato recentemente, è di notevole interesse l’altare maggiore che si eleva su cinque gradini di marmo ed ha la base fregiata da figure allegoriche, incise in bassorilievo di colore bianco. Ai lati dell’altare ci sono due angeli di gesso, sopra altri tre gradini, si erge il grande tabernacolo in legno dove è situata la statua del Santo Eremita.
Questo tabernacolo è a tre ripiani in legno. Nel primo c’è il simulacro della Madonna Bambina, ed ai lati figure di santi; nel secondo ripiano, c’è la statua di San Calogero, ai cui lati la cerbiatta che lo forniva di latte ed il cacciatore. Il terzo ripiano è a forma di cupola, sormontata da una croce.
Particolare di quest’altare, alto più di dieci metri, è la botola che si trova al suo interno e che serve, mediante apposito congegno, a far salire e scendere il Santo dal suo tebernacolo.

CESARÒ

 

Cesarò è un centro di antica fondazione, anche se la mancanza di notizie e di documenti storici, riguardanti le sue origini, non ci consente di conoscere né il secolo, né l’anno in cui fu fondato. La popolazione di Cesarò è molto devota a San Calogero, patrono del luogo fin dal 1450, la cui festa si celebra il 18 Giugno e il 21 Agosto. In particolare, il popolo venera le reliquie del Santo, rappresentate dalle tre dita della mano, intorno alle quali la tradizione costruisce dettagli che hanno del miracoloso. Le reliquie sarebbero state portate a Cesarò da un cittadino devoto, il quale le avrebbe ricevute da un monaco del Monastero di San Filippo di Fragalà, dov’egli si era recato forse per affari.
Tornato a casa, l’uomo appese le preziose reliquie, poste in un paniere, ad un palo secco, sito nel mezzo del cortile, dinanzi alla casa. Ma quale non fu la meraviglia, quando si accorse, la mattina seguente, che quel palo si era trasformato in albero con rami e fronde verdi e rigogliose.
Il prodigio suscitò stupore in tutto il paese, e fu da allora che ebbe inizio la venerazione e la devozione per San Calogero.
La fama del miracolo si sparse un pò ovunque e giunse anche a conoscenza del conte di San Marco, che vantava diritti di patrimonio sul Convento di Fragalà. Solo che invece di associarsi anche lui alla comune letizia, ordinò ai suoi sottomessi di recarsi a Cesarò e di farsi dare le reliquie del Santo.
Dopo tante resistenze, l’intervento della guardia del conte, ebbe la meglio, le reliquie furono consegnate. Ma la mula, che le doveva trasportare, giunta fuori del paese, cadde a terra, e non ci fu né forza né espedienti umani che riuscissero a farla rialzare e a farle continuare il viaggio: soltanto un ragazzo, che la prese per la cavezza.
La mula lo seguì dolcemente per un buon tratto, mentre il popolo gridava: “Viva San Calogero”. Il Conte di San Marco colpito dall’accaduto, non insistette. Si limitò a chiedere una delle chiavi del cassetto, in cui si sarebbero dovute conservare le reliquie, con la promessa di inviarla ogni anno per la festa del Santo, così avvenne fino al 1863; le reliquie furono custodite in una nicchia della chiesa madre, che poteva essere aperta da tre chiavi. Nella cerimonia di apertura la gente gridava: “Venga la chiave del Conte di San Marco”.
La statua di San Calogero a Cesarò, come scrive il Travaglianti, «è in legno pregiato, finemente lavorato e cesellato in oro zecchino e smalto color pisello: raffigura un venerando e grave vegliardo dal viso buono paternamente accogliente, dagli occhi grandi, azzurri e sereni. Fiorisce sul suo labbro il perenne sorriso che sa di paradiso. Un’abbondante barba gli fluisce sul petto, bianca e morbida, e una candida corona di capelli gli aureola il capo. Seduto su una ricca sedia gestatoria, rivestito di abiti pontificali perché abate, alza la mano destra con le tre dita distese in atto di benedire. Ai suoi piedi sta la cervetta con la freccia conficcata sul fianco sanguinante. Il fercolo, anch’esso in legno dorato come la statua del Santo, è snello ed elegante dalle linee architettoniche armoniose, dalle sei colonnine scanalate, simili a sei gentili cariatidi, con in testa la graziosa cupoletta, formanti sei archi di luce da far mirare ed ammirare il Santo da qualunque parte lo si riguardi».
La processione, che si snoda con compostezza e con grande devozione, assume un aspetto caratteristico e suggestivo. Quando la folla raggiunge un ponticello, nella parte alta del paese, si sente un urlo, composto da tante voci, che dice: “Sutta i carusi”. Ed ecco che si vedono sgusciare, come scoiattoli, tanti ragazzi, i quali si vanno a mettere sotto il fercolo di San Calogero, per sostenere sulle spalle il Santo e portarlo per un buon tratto di strada.

LIPARI

 

Le isole Eolie in età romana, ebbero una grande importanza strategica durante la guerra civile fra Ottaviano e Sesto Pompeo, per la conquista della Sicilia.
In età cristiana Lipari fu sede vescovile e pare già dal IV secolo. Invece, dal VI secolo è certo che erano venerate sull’isola le reliquie dell’apostolo S. Bartolomeo che, secondo tradizioni tramandate da scrittori bizantini, vi sarebbero giunte miracolosamente dall’Armenia.
Tra questa messe di tradizioni, esiste anche la leggenda che vuole l’eremita San Calogero presente nell’isola, mentre la libera dai diavoli e fa sgorgare acque salutari che portano il suo nome.
Aggredita e distrutta, nel 839 dagli arabi, che ne massacrarono e deportarono in schiavitù la popolazione, Lipari rimase per alcuni secoli quasi totalmente deserta, fino alla riconquista della Sicilia da parte dei Normanni, che, nel 1083, installarono a Lipari l’abate Ambrogio con un nucleo di monaci benedettini. Intorno al monastero, di cui restano vestigia a fianco della attuale cattedrale, tornò a formarsi un nucleo urbano.
Difficile seguire durante questi secoli e quelli seguenti la devozione al nostro Santo. Solo in epoca più recente, a Lipari, nella chiesa di Sant’Antonio, ricompaiono grandi tracce della sua venerazione, presso la sontuosa pala dell’altare centrale, realizzata in legno policromo e dorato e raffigurante la Madonna col Bambino circondata da angeli, cherubini e santi: a destra S. Francesco e a sinistra S. Domenico; poi S. Calogero, S. Agatone e S. Bartolomeo. Il dipinto è fra le ultime opere del messinese Giovanni Tuccari (1677-1743).
Anche nella concattedrale di S. Bartolomeo è presente San Calogero, in un dipinto di Antonio Mercurio del 1780. Il Santo è rappresentato al centro della scena, sullo sfondo del meraviglioso arcipelago delle Eolie e di Vulcano, dentro le cui fiamme l’artista fa precipitare l’anima di Teodorico, re dei Goti. San Calogero, con la destra indica ai naviganti, ritratti accanto a lui, tale visione mentre alcuni devoti Gli sono inginocchiati davanti e, in primo piano, un ammalato sembra implorare aiuto. Il Santo è vestito da monaco greco, il volto maestoso, la fronte larga e calva, la barba bianca, tutto spirante virtù e devozione.

FRAZZANÒ

La cittadina è adagiata su uno dei più suggestivi crinali dei Nebrodi, tra una corona di monti lussureggianti di vegetazione mediterranea ed un panorama dei più ampi ed incantevoli sul mare, che raramente si possono contemplare. Il paese si sviluppò particolarmente nei secoli XVII e XVIII, a pochi chilometri dal luogo dove si erge il Monastero di San Filippo di Fragalà.
Grazie ad un finanziamento erogato dal comune, lo splendido reliquario del monastero è diventato una mostra permanente da ammirare nella chiesa madre di Frazzanò.
Per il nostro argomento, di grande interesse risulta la visita a San Filippo di Fragalà effettuata nel 1600 dal gesuita padre Ottavio Gaetani, che sta cercando notizia per il suo libro: “La vita dei santi siciliani”.
La sua ricerca, infatti, riporterà un inventario preziosissimo di inni sacri. Tra questi: il manoscritto greco de “Gli inni di Sergio” che, in forma di preghiera, ci offre notizie circa la vita ed il culto di S. Calogero; l’urna contenente le ossa del nostro Santo, qui portate prima del 965, per metterle a riparo da possibili incursioni arabe.
Scoperta importantissima soprattutto la prima, trattandosi del documento più antico, su cui basarsi per disegnare con buona attendibilità, un volto storico ad un Santo tra i più venerati in terra siciliana.

CASTELTERMINI

 

I festeggiamenti in onore di San Calogero Eremita si svolgono a Casteltermini (AG) la IVª domenica di agosto di ogni anno, già un mese prima il tradizionale rullìo di tamburi annuncia la preparazione alla festa e l’inizio del mese in onore del santo, durante il quale si svolgono in Chiesa Madre ogni giorno celebrazioni liturgiche e viene cantato il tradizionale rosario di San Calogero.
Diverse sono le promesse che i fedeli, per il forte sentimento religioso ed il fervore della tradizione popolare, fanno a san Calogero, per implorare l’intercessione per una grazia o in ringraziamento di una grazia ricevuta mediante l’intercessione del Santo. Tra queste ricordiamo: benedizione e distribuzione di spaghetti con sugo di melanzane (la cosiddetta “pasta di san Calò”), e/o di pane avente forma di un bambino (il cosiddetto “picciliddu”) o, molto spesso, della parte del corpo per la quale si chiede o si è ricevuta la grazia, pellegrinaggi scalzi dalla propria abitazione alla chiesa madre durante il mese che procede la festa e nel corso delle processioni con il simulacro del santo nel giorno della festa.
Molte sono le manifestazioni collaterali socio-ricreative che il comitato organizza, tra queste ricordiamo: “Giochi in piazza” negli anni 1988-1992, mostra del pane, processione delle reliquie del santo provenienti dal santuario di Sciacca, mostra fotografica e, dal 1995, la “sagra della pasta di san Calogero”. Quest’ultima manifestazione è stata voluta dal comitato per valorizzare la tradizione che vuole che, durante il pellegrinaggio della domenica, al passaggio del simulacro del Santo, i fedeli preparano tale tipo di pasta che, dopo essere stata benedetta, la distribuiscono alle persone che in devoto pellegrinaggio accompagnano la statua del Santo per le vie del paese fino al sagrato della Chiesa Madre, dove, con la benedizione, la distribuzione dell’uva che è stata raccolta durante il pellegrinaggio si concludono i solenni festeggiamenti in onore di San Calogero Eremita a Casteltermini.
Molta commozione ha suscitato, tra il popolo castelterminese, nel corso dei festeggiamenti dell’anno 2007 la rappresentazione di San Calogero nella scalinata della chiesa di San Giuseppe, mediante la decorazione di tutte le alzate e la collocazione di lumini colorati in tutte le pedate (vedi foto allegata).
Tale singolare iniziativa è stata ideata dal comitato organizzatore dei festeggiamenti che ne ha curato anche la progettazione e la realizzazione.
La chiesa di San Giuseppe, posta in fondo al corso principale del paese, è conosciuta da molti italiani perché è stata riprodotta, un anno, nel biglietto della lotteria Italia di capodanno ed ha fatto parte delle scenografie di alcune trasmissioni Rai.